sabato 23 gennaio 2021

Ridondanza linguistica: espressioni ridondanti, tautologia, pleonasmo

 



ESPRESSIONI RIDONDANTI



Oggi tratterò un argomento non molto comune. Molti autori non fanno caso alle espressioni ridondanti per il semplice fatto che molte di loro sono entrate talmente tanto nel linguaggio comune da renderle quasi “accettate” anche nello scritto. Soprattutto se pensiamo a certi dialetti, in cui l’utilizzo di alcune di queste espressioni è diffusissima. Tuttavia, le espressioni che vi porterò come esempio in questo post, se usate (o se usate troppo) tendono ad appesantire la narrazione.



Cosa significa ridondante?

Per quanto riguarda la ridondanza linguistica, non significa altro che l’uso di parole superflue, la cui presenza o assenza non cambia il significato di ciò che intendiamo dire (es.: Dire “Sto uscendo fuori” e dire “Sto uscendo” è la stessa cosa, quel “fuori” non è necessario, ma quando è presente appesantisce la frase, rimarca l’ovvio.).



In un testo narrativo, ritengo che ci sia bisogno di un’attenzione particolare per quanto riguarda la ridondanza per il semplice fatto che in alcuni casi si rischia di ricadere nella prolissità, confondendo il lettore.



ACRONIMI RIDONDANTI



Ci sono alcuni casi ormai entrati ampiamente in uso nei quali per consuetudine si aggiunge a un acronimo una parola contenuta nell’acronimo stesso. Vi faccio alcuni esempi, così da far capire meglio il concetto, ma ci tengo a precisare che non sempre queste forme sono da bandire dai nostri scritti.

Virus HIV – dove HIV sta per Human Immunodeficiency Virus (in questo caso, la ridondanza sta nell’utilizzo della parola “virus”, che è già presente nell’acronimo stesso).

Numero PIN dove PIN sta per Personal Identification Number (in questo caso la ridondanza è data dalla parola “numero”).

Macchina ATM – dove ATM sta per Automated Teller Machine (in questo caso la ridondanza è data dalla parola “macchina”).



PLEONASMO



Il pleonasmo è un’espressione linguistica caratterizzata dalla presenza di parole grammaticalmente e concettualmente non necessarie. In alcuni casi è assolutamente da evitare, mentre i altri può servire a dare maggiore intensità o chiarezza a una frase. Vediamo alcuni esempi:



A me mi piace il gelato.” (“a me mi” è un pleonasmo, in quanto entrambi i pronomi personali hanno lo stesso significato).

Per evitare il pleonasmo in questione, va eliminato uno dei due pronomi, quindi la stessa frase, scritta in maniera corretta, diventerà: “A me piace il gelato.” oppure “Mi piace il gelato.” Vedete come mantiene lo stesso significato, senza essere appesantita da inutili ridondanze?



Cosa ne pensi di questo libro?”

Non me ne importa nulla.” (qui il pleonasmo è dato da “nulla”, che non è necessario al fine del significato della frase, ma può essere utilizzato come rafforzativo).

Per evitare il pleonasmo, la frase diventerebbe: “Non me ne importa.”. Anche qui, il significato è sempre lo stesso.



Non me ne importa di quel libro.” (qui invece il pleonasmo è dato dalla particella “ne” usata in concomitanza con “quel libro”).

Quindi, per evitare il pleonasmo, la stessa frase può essere scritta così: “Non me ne importa.” oppure “Non mi importa di quel libro.”. Significato immutato, ma frase più semplice e diretta.





TAUTOLOGIA



La tautologia indica l’utilizzo di una preposizione che, con l’intenzione di definire qualche oggetto o concetto, non fa altro che ripetere sul predicato quanto è già detto dal soggetto. Molto spesso la tautologia viene usata come figura retorica, allo scopo di conferire maggiore enfasi a una frase o concetto. Non è dunque da bandire il suo utilizzo in narrativa, va solo capito quando si tratta di una ridondanza inutile e quando di un rafforzativo.

In poche parole, la domanda che ci si deve porre è: l’utilizzo di questa figura retorica mi aiuta a dare più enfasi o a rafforzare un concetto oppure appesantisce inutilmente?

Vediamo alcuni esempi:



Io sono felice quando sono felice.” (il fatto di ripetere “sono felice” si tratta indubbiamente di rimarcare un’ovvietà: non sarebbe logico scrivere “Io sono felice quando sono triste.”)



I volatili volano.” (anche in questo caso è palese l’ovvietà della frase: se parliamo di volatili è ovvio che volino, non c’è alcun dubbio. Quindi per rendere più completo l’esempio per evitare una tautologia, non diremmo “I volatili che volano mi piacciono.” ma “I volatili mi piacciono.”)



Come si sta lontano da casa?”

Bene, ma sai com’è… casa è casa!” (quel “casa è casa” rappresenta una tautologia: è ovvio che casa sia casa, non può essere altro. Però, in questo caso ha un valore rafforzativo, quindi non è errato usarla.)





LE RIDONDANZE PIÙ COMUNI





Alcune delle espressioni ridondanti che vedremmo negli esempi a seguire sono espressioni entrate nell’uso quotidiano, soprattutto nel parlato (che si riflette indubbiamente nello scritto), e molte sono dovute a forme dialettali.



USCIRE FUORI / ENTRARE DENTRO



Esci fuori sul balcone!” – è ovvio che, per uscire debba andare fuori, non posso uscire dentro.

Forma corretta:Esci sul balcone!” oppure “Vai fuori sul balcone!”



Entra dentro casa perché fa freddo.” – è ovvio che per entrare in casa devo entrare dentro, non posso entrare fuori.

Forma corretta:Entra in casa perché fa freddo.” oppure “Vieni dentro perché fa freddo.”



SALIRE SU / SCENDERE GIÙ



Devi salire su per arrivare al mio appartamento.” – è ovvio che debba salire su, dato che quando si sale si va verso l’alto; non si può salire giù.

Forma corretta: “Devi salire per arrivare al mio appartamento.” oppure “Devi venire su per arrivare al mio appartamento.”



Scendi giù per andare in cantina.” – è ovvio che debba scendere giù, dato che il verbo scendere significa andare verso il basso, spostarsi da un luogo più alto verso uno situato più in basso; non posso scendere su.

Forma corretta:Scendi per andare in cantina.” oppure “Vai giù per andare in cantina.”



Stessa cosa per “giù da basso” / “giù di sotto” e simili.



Ci sono alcune forme che hanno preso sempre più piede nel linguaggio comune, quindi non sono nemmeno più considerate ridondanze. Ecco alcuni esempi:



Stanno per buttare giù il palazzo.” – dove buttare giù assume il significato di demolire.



Butta giù l’aspirina e non ti lamentare.” – qui invece, buttare giù assume il significato di inghiottire.



Ho trovato la busta.”

Bene, metti dentro la lettera.” – dove mettere dentro ha il significato di inserire / introdurre.



MA PERÒ / MA BENSÌ



Parto subito col chiarire il fatto che queste due forme non sono da considerare errate a livello grammaticale, ma è consigliato evitare il loro utilizzo in uno scritto formale, sostenuto.



Perché spesso sentiamo affermare che dire (o scrivere) ma però è errato?

Semplicemente perché si tratta di una ripetizione dello stesso concetto. La congiunzione ma fa parte della categoria delle congiunzioni coordinative (insieme a: e, o, oppure, né, cioè ecc.) di tipo avversativo. Sempre congiunzioni avversative sono considerate anche però e bensì (insieme a: tuttavia, nondimeno, eppure ecc.).

Vediamo alcuni esempi:



Ho fatto tutto quello che credevo possibile, ma però non c’è stato verso di evitare la sua partenza.” – in questo caso, ma e però possono essere utilizzati insieme così come si può utilizzare una o l’altra congiunzione senza cambiare il senso del periodo (personalmente, quando scrivo, preferisco l’utilizzo di una o dell’altra, mai insieme.)



La parata non si è svolta a Napoli, ma bensì a Venezia.” – anche qui si possono utilizzare le due congiunzioni insieme oppure una o l’altra, senza cambiare il significato della frase.





In fine, le espressioni ridondanti – benché superflue – non sempre vanno evitate come la peste. Alcune possono servire a donare più enfasi a un concetto, per sottolinearne l’importanza (come abbiamo visto per i pleonasmi e la tautologia) oppure per attribuire una certa informalità al nostro scritto (per esempio nella caratterizzazione di un personaggio).

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